LA VIA CRUCIS DEL TERZO MILLENNIO

LA VIA CRUCIS DEL TERZO MILLENNIO

di JERZY DUDA GRACZ

CHIESA DI MALNATE

5 MARZO 2021  ORE 20.45

PARROCCHIE MALNATE

Introduzione sulla Via Crucis e sull’autore

Il pittore polacco Jerzy Duda Gracz di cui questa sera proiettiamo alcuni quadri, è nato a Częstochowa nel 1941 e morto nel 2004.  Ateo, si convertì in età adulta a seguito dell’incontro con papa Giovanni Paolo II, durante uno dei viaggi dell’allora pontefice in Polonia.

Proprio con la volontà di esternare artisticamente la sua conversione a Dio, tra il 2000 e il 2001, Duda Gracz dipinge a Czestochowa “La via crucis del terzo millennio” come dono del suo cuore e del suo talento per il santuario della Madonna Nera di Jasna Gora: un insieme suggestivo in cui le scene della Passione sono rilette alla luce della storia d’Europa, e in particolare della Polonia, dell’ultimo secolo.

La Via Crucis di Gracz è imponente sia nelle dimensioni sia nel numero delle stazioni. Si compone di 18 quadri, la maggior parte misuranti 185 cm d’altezza e 117 di larghezza, dipinti ad olio su pannelli di materiale sintetico. La salita al Calvario di Duda Gracz non termina, come solitamente siamo abituati a vedere, con la quattordicesima stazione, dove Gesù è deposto nel sepolcro, ma ad essa ne sono aggiunte altre quattro: La Resurrezione, l’Apparizione a Tommaso, l’Apparizione in Galilea e l’Ascensione. Delle 18 stazioni della sua Via Crucis, stasera ne abbiamo scelte otto con la speranza che ci aiutino ad entrare come testimoni nella Passione di Gesù e a condividerne il cammino.

In ognuno di questi quadri, Duda Gracz ha ritratto in modo estremamente realistico sia Gesù sia i testimoni della Sua Passione, uomini del nostro tempo “reali”, il più delle volte storpiati, brutti, quasi grotteschi; in tutti è presente un Cristo sofferente, del tutto umano, a volte anche Lui, come gli altri, persino un po’ deformato, privo di fascino, umiliato e vittorioso ad un tempo, al quale ognuno di noi può avvicinarsi con la propria sofferenza senza timore di essere respinto. Jerzy Duda Gracz infatti non desidera tranquillizzare lo spettatore fornendogli un quieto piacere estetico, anzi, il pensiero che vuole trasmettere con la sua opera più grande, come lui stesso ha scritto, è questo: “Mi preme che la mia Via Crucis non sia una storia illustrata di eventi di 2000 anni fa, che con l’animo tranquillo (perché non noi l’abbiamo crocefisso) riviviamo il Venerdì Santo. Questo Calvario è presente oggi, qui e adesso.” Ecco perché compaiono nelle sue tele anche figure attualmente viventi o recentemente scomparse tra cui ad esempio il Santo Padre Giovanni Paolo II, il Cardinale Wyszynsky, e lui stesso, l’artista, mentre aiuta come Cireneo a portare la croce.

La Via Crucis di Jerzy Duda Gracz ci invita questa sera ad una riflessione sul nostro tempo, ci sveglia nell’impegno a favore della dignità di ogni uomo, ci provoca fortemente a prendere posizione, “a pronunciarci a favore o contro l’Amore rivelato sulla Croce” (H. Pyka) e a riconoscerci parte di un cammino di fede dentro le contraddizioni, le falsità e le ombre della Storia illuminata da Colui che ha vinto il mondo.

1^ STAZIONE: Pilato

Pilato rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso (Mt 26,27)

 

Gesù compare davanti a Pilato. Cristo sprofonda nel buio, chiude gli occhi davanti alla giustizia umana rappresentata da quell’uomo bendato che condanna senza guardare il condannato. Pilato splende alla luce fredda ed artificiale dei riflettori, annuncia davanti a numerosi microfoni ciò che sta per compiere affinché tutti possano vedere come si lava le mani, e la coscienza, del sangue dell’Agnello. Ma non tutti seguono la storia raccontata dai potenti che Pilato incarna e che i giornalisti amplificano. La venditrice di patate, in primo piano sulla sinistra, guarda altrove ed ostenta una bilancia vuota, segno di una giustizia sterile.

Un uomo ed una donna, volti verso Gesù, mostrano un cero e un libro di preghiere, simbolo della fede che illumina per davvero la storia.

Signore, insegnaci a uscire dai noi stessi,
e a incamminarci alla ricerca della verità.
Insegnaci ad andare e vedere,
insegnaci ad ascoltare,
a non coltivare pregiudizi,
a non trarre conclusioni affrettate.
Insegnaci ad andare là dove nessuno vuole andare,
a prenderci il tempo per capire,
a porre attenzione all’essenziale,
a non farci distrarre dal superfluo,
a distinguere l’apparenza ingannevole dalla verità.
Donaci la grazia di riconoscere le tue dimore nel mondo
e l’onestà di raccontare ciò che abbiamo visto.

(Papa Francesco, dal messaggio per la 55ma Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali)

Canto: Misericordias Domini, In aeternum cantabo

2^ STAZIONE: Ecco l’uomo

I soldati presero Gesù ed Egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota (Gv 17,19)

Colui che inizia il Calvario in compagnia dei due ladroni è Dio, e nonostante ciò si carica umilmente sulle spalle la Sua croce” suggerisce Duda Gracz. Dietro la Sua croce, vediamo alzarsi insieme verso il cielo, una moltitudine di stampelle e di protesi, croci di ieri e di oggi, simbolo della sofferenza umana che Gesù si carica sulle sue spalle. Attraverso il peso della croce Gesù diventa il sostegno della gente sofferente e realizza il miracolo della loro guarigione. “…nelle Sue ferite la nostra salvezza”. (Is 53,5). Nessuna sofferenza resta inascoltata e priva di senso o di speranza alla luce della Croce di Cristo. Il grido di aiuto nel momento di sofferenza non è solo giustificato, ma apprezzabile; la colpa non è nel grido, ma nel sentimento che lo accompagna.

Il cielo è grigio

L’aria è pesante

La croce è pesante

-insostenibile-

Non ce la faccio

Mi sento sola

Mi sento che non ce la faccio

È troppo pesante

E sono sola

E tutto è grigio.

Non riesco neanche a piangere

Mi fa male tutto

…….

Ma non mi arrendo

Qualcuno è con me…

… “IO SONO CON VOI”…

Guidaci, Signore,

a fidarci di Te e ad affidarci a Te.

Amen.

Canto: Noi ti preghiamo, uomo della croce, figlio e fratello , noi speriamo in te. (2 volte)

5^ STAZIONE: Il Cireneo

Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù (Lc 23,26)

Nella quinta stazione Jerzy Duda Gracz si rappresenta nelle vesti del Cireneo che aiuta Cristo a portare la croce. Ha tracciato il suo autoritratto, come avveniva nei dipinti medioevali, in cui spesso gli artisti erano raffigurati come testimoni delle scene evangeliche. Gracz non lo fa per autocelebrarsi però, ma per proclamare così la misericordia di Dio: “Mi ha strappato dalla vita sensuale, dalla mia leggerezza, dai miei errori. Nella mia malattia Dio mi ha mostrato la strada del bene e la verità. Ho visto che la fonte della felicità sta nell’amore… e nell’aiuto offerto agli altri”. Attraverso la sua presenza dentro questa tela, il pittore provoca ognuno di noi a vivere la Passione di Cristo non come un avvenimento storico, passato, chiuso, inattuale. La Passione di Cristo avviene in questo momento, ed ognuno di noi è chiamato a pronunciarsi a favore di un Amore che si fa testimone attento delle sofferenze di chi ci sta accanto, a scorgere pur nella musica e nella festa di un momento gioioso rappresentata dagli sposi sullo sfondo, il Pane di Vita vilipeso sotto la croce, la solitudine rappresentata da uno sguardo chino e da un bicchiere e una bottiglia vuota.



Signore Gesù, Tu hai detto che

“Si è più beati nel dare che nel ricevere” (At 20, 35).

Rendi disponibili anche noi

a svolgere il compito del “cireneo”.

Chi osserva il nostro stile di vita sia incoraggiato,

vedendoci coltivare ciò che è bello,

giusto, vero, essenziale.

Chi è fragile ci vedrà umili perché,

per molti aspetti, siamo fragili anche noi.

Chi riceve da noi segni di gratuità,

percepirà che noi stessi abbiamo mille motivi

per dire “grazie”.

Anche chi non può correre,

può stare tranquillo perché ci è caro.

Ci troverà pronti a rallentare:

non vogliamo lasciarlo indietro.

(Mons. Renato Corti)

Canto: Ubi caritas et amor, ubi caritas , Deus ibi est

7^ STAZIONE – La seconda caduta

Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori. E’ stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità (Is 4-5)

La caduta di Cristo ha luogo tra una folla di gente indaffarata e frettolosa. Uomini e donne che corrono distratti a compiere le ultime compere per prepararsi alla Pasqua, alla quale mancano pochi giorni. “Della Domenica delle Palme, nella quale abbiamo dato il benvenuto a Gesù in ricordo dell’ingresso a Gerusalemme, sono rimaste solo le palme rituali. Cristo è caduto, ma lotta ancora, è ancora vivo, mentre noi l’abbiamo già sepolto e coperto di violetto” dice Duda Gracz. Quasi tutti gli sguardi dei passanti sono fissi sulla strada o rivolti a se stessi e ai propri pensieri; al centro della scena qualcuno rivolge verso l’alto un paramento sacro, senza accorgersi però della sacralità di quella caduta che merita la nostra compassione e la nostra mano. Solo un piccolo cane vede, riconosce, sente che Dio è Vivo e si rende a Lui solidale. Dio è lungo la nostra stessa strada. Ci invita ad incontrarlo.

“Anche tu”: il Signore ce l’ha anche con te- La sua mano tesa ti ha individuato tra la folla.

Perché il mondo è la vigna del Signore, dove egli ci manda tutti a lavorare.

A qualsiasi ora del giorno.

Non preoccuparti: non ti si chiede nulla di straordinario. Neppure il tuo denaro: forse non ne hai.

E quand’anche ne avessi, e lo donassi tutto, non avresti ancora obbedito all’intimo comando del Signore.

Si chiede da te soltanto che, ovunque tu vada, in qualsiasi angolo tu consumi l’esistenza, possa diffondere attorno a te il buon profumo di Cristo. Che ti lasci scavare l’anima dalle lacrime della gente.

Che ti impegni a vivere la vita come un dono e non come un peso. (don Tonino Bello)

Gesù Tu cadi per il peso del legno,

noi per l’attrazione delle cose della terra.

Tu preferisci cadere anziché lasciare la Croce.

Sana, Cristo, la nostra indifferenza.

Canto: Nada te turbe, nada te espante , quien a Dios tiene, nada le falta. 

             Nada te turbe, nada te espante, solo Dios basta

9^ STAZIONE: La terza caduta

Essi godono della mia caduta, si radunano contro di me per colpirmi all’improvviso. Mi dilaniano senza posa, mi mettono alla prova, scherno su scherno, contro di me digrignano i denti. (Sal 34, 15s)

La nona stazione è una delle tele più cupe della Via Crucis di Gracz. Troviamo Gesù disteso a terra, quasi schiacciato a terra dal peso della croce, che piange. A causare la sua sofferenza è la sofferenza dei bambini. E, come ci indica Gracz nel commento alla sua tela “Gesù ci appare indifeso come un bimbo nel grembo materno. Passione per Cristo è anche il battere, molestare, violentare e uccidere i più innocenti.” Riconosciamo infatti dietro Gesù l’infanzia molestata, violentata, ferita, trascurata, abbandonata nella solitudine. A rappresentare la violenza cieca che calpesta il valore della vita, due soldati che ci ricordano le pagine più tristi della storia di ieri come di oggi. Ma il nostro sguardo è invitato a non fermarsi dentro questo inferno e a cogliere i segni di speranza. “Anche questa Passione termina con la salvezza. Al di là dell’inferno dei bambini si intravede la scala del sogno di Giacobbe. Con il suo aiuto per primi saranno ammessi i bambini, ancor prima di tutti gli altri martiri, “perché di loro è il Regno dei Cieli”. (Jerzy Duda Gracz)

Gesù, questa sera ti vogliamo pregare per tutti i bambini, soprattutto i bambini maltrattati,

offesi, vittime di violenza, fatti oggetto di mercimonio e della tratta delle persone,

oppure costretti a diventare soldati.

Ti preghiamo per i bambini sfollati a motivo delle guerre e delle persecuzioni,

abusati e sfruttati sotto i nostri occhi e con il nostro silenzio complice.

Ti preghiamo per tutti i bambini che soffrono per la solitudine, per il non essere amati.

Aiutaci Padre buono a prenderci cura e a proteggere i bambini, tutti i bambini,

certi che, come hai detto Tu

tutto ciò che avete fatto a uno solo dei più piccoli, lo avete fatto a me

Canto: Dona la pace, Signore a chi confida in te 

            dona la pace, Signore, dona la pace…

12^ STAZIONE – L’agonia

Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Gesù gridò a gran voce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Dopo questo, sapendo Gesù che tutto era compiuto, affinché si adempisse la Scrittura, disse: “Ho sete”. Quando ebbe preso l’aceto, Gesù disse: “Tutto è compiuto”. Poi gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo, spirò. (Mt 27,45s; Gv 19, 28-30; Lc 23,46)

Consumatum est. Si è compiuto. Quando Gesù chiama dalla croce: “Eli, Eli, lema sabachthani?” (Mt 27,46), Egli si assimila massimamente all’uomo dei nostri tempi, attraverso il Suo smarrimento e la Sua disperazione. In questo momento Dio si fa vicinissimo a noi, abbassando la Sua Divinità alla miseria e alle debolezze umane” ci suggerisce Gracz. Questa sua tela è davvero maestosa, immensa. Davanti ad essa ci riconosciamo parte di una Chiesa che si raccoglie in preghiera sotto la croce, una moltitudine di uomini resi fratelli dalle mani di Gesù che abbracciano tutto il mondo, una moltitudine di croci affrancate dalla Croce di Cristo. “Perché in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28). Sotto la Croce riconosciamo sulla destra l’icona della Madre di Dio di Jasna Gora, sulla sinistra Giovanni Paolo II, come discepolo amato. E poi tanti uomini di fede della Polonia, patria del pittore: Stanislao Kostka, Massimiliano Kolbe, Edvige, il Santo Fratel Alberto, … ma riconosciamo anche noi, con la nostra croce. Il cristiano non soffre mai in solitudine.

Cuore mio, custodisci e consola!

Apriti, cuore mio.

Sii largo come il cuore di Dio.

Apriti per portare speranza.

Apriti per prenderti cura.

Apriti per ascoltare.

Apriti per mettere unguento sulle ferite.

Apriti per donare luce a chi è nelle tenebre.

Custodisci e consola oggi, domani e sempre.

(Mons. Renato Corti)

Canto: Adoramus ,te,Christe, benedicimus tibi, quia per crucem tuam redemisti

          mundum, quia per crucem tuam redemisti mundum.

14^ STAZIONE: Il sepolcro

Nel luogo dove Gesù era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino. (Gv. 19,41ss.)

Dove è stato sepolto Gesù secondo Jerzy Duda Gracz? Lo capiamo da alcuni segni inequivocabili: il pilasto in ferro che sostiene l’alto filo spinato, la targa sul palo di legno che indica gli anni della Seconda Guerra mondiale.. Gesù è rappresentato ad Auschwitz, insieme a centinaia di migliaia che lì morirono di stenti, furono assassinati e bruciati. Ammonticchiati, accanto al suo corpo, i libri che rappresentano tutte le ideologie distruttrici di ieri e di oggi che sottomettono la dignità umana e, oltre i libri, i legni delle povere baracche del campo di sterminio che ancora una volta ci riconducono al segno della Croce nella nostra storia. Ci dice Duda Gracz: “Ma Gesù in questo Sepolcro è vivo e resusciterà il Terzo Giorno, secondo le Scritture. “Dov’è morte, la tua vittoria? Dov’è morte, la tua lancia?”(I Cor 15,55). Morendo ha annientato la nostra morte, e Risorgendo ci ha ridato la vita.

La Tua croce, Cristo,

sia sorgente di fortezza d’animo nel momento della tragedia

dando senso e valore alla sofferenza di ogni uomo.

Anche noi, Signore, ci riconosciamo in Pilato, Erode e Caifa,

uniti contro di te.

Aiutaci, Signore, a riconoscere che la Tua amicizia

è più forte e grande del male del mondo e della storia.

Canto: Questa notte non è più notte davanti a te: il buio come la luce risplende!

15^ STAZIONE: La Resurrezione

Ora, se Cristo non è stato risuscitato, vana è (dunque) la nostra predicazione e vana è pure la nostra fede. (1 Cor. 15, 14).

“Alleluja. Gesù è vivo! Il suo Calvario infatti non termina con la croce, ma con la Resurrezione” ci suggerisce Duda Gracz. Esplode nel cielo l’alleluia di Pasqua: Cristo è vivo e sale al Padre suo e Padre nostro, Dio suo e Dio nostro.

“Il trionfo di Cristo sulla morte si staglia contro la folla che riempie il piazzale. È la chiesa di uomini, è la cattedrale del popolo di Dio. Il corpo stesso di Cristo è costituito da quel corpo che è la Chiesa. La risurrezione di Cristo non è affare personale, destino privilegiato del Figlio di Dio, ma è grazia partecipata all’uomo, ad ogni uomo che entra nel corpo santo della Chiesa.”( Sr. Maria Gloria Riva)

L’immagine di Cristo qui splende e riluce di grazia ed illumina il cammino della Chiesa che in lui si riconosce. “Il volto di Cristo è l’unico volto anche se i presenti sono moltissimi. È ognuno di noi, è in ognuno di noi” (Duda Gracz). Riconosciamo l’eco delle parole di S.Paolo: “ora noi siamo il corpo di Cristo, le sue membra, ognuno per la sua parte”. Non vediamo i piedi di Cristo infatti perché i suoi piedi siamo noi che camminiamo qui e ora, nella nostra personale Via Crucis, segnata dalla testimonianza di chi ci ha preceduto e dalla grazia del Redentore.

La tomba è il luogo dove chi entra non esce.

Ma Tu Gesù sei uscito per noi, sei risorto per noi, per portare vita dove c’era morte,

per avviare una storia nuova dove era stata messa una pietra sopra.

Signore, Tu che ha ribaltato il masso all’ingresso della tomba, rimuovi tutti i macigni che sigillano il nostro cuore. Aiutaci a non cedere alla rassegnazione, a non mettere una pietra sopra la speranza.

Insegnaci a sperare, perché Tu sei un Dio fedele.

Non lasciarci soli, visitaci, vieni in ogni nostra situazione,

nel dolore, nell’angoscia, nella morte.

La Tua luce illumini ancora l’oscurità del sepolcro:

raggiunga gli angoli più bui della nostra vita.

E tu sorella, e tu fratello che nel cuore hai seppellito la speranza,

non arrenderti: Dio è più grande.

Il buio e la morte non hanno l’ultima parola.

Coraggio, con Dio niente è perduto!

(preghiera liberamente tratta dalla Veglia pasquale di Papa Francesco, 11 aprile 2020)

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